"DIVORARE IL CIELO" DI PAOLO GIORDANO - RECENSIONE

Buongiorno lettori!
Sono tornata dopo le vacanze, e sono già indaffarata! Voi come state? Duro il rientro?
Oggi vi voglio parlare del libro “Divorare il cielo” di Paolo Giordano. Seguitemi nella recensione, se volete conoscere la mia opinione in merito.



Titolo: Divorare il cielo
Autore: Paolo Giordano
Prezzo cartaceo: 22.00
Prezzo ebook: € 12.99
Editore: Einaudi
Pagine: 430
Genere: Narrativa Contemporanea
Data di pubblicazione: 8 maggio 2018

TRAMA

Le estati a Speziale per Teresa non passano mai. Giornate infinite a guardare la nonna che legge gialli e suo padre, lontano dall'ufficio e dalla moglie, che torna a essere misterioso e vitale come la Puglia in cui è nato. Poi un giorno li vede. Sono «quelli della masseria», molte leggende li accompagnano, vivono in una specie di comune, non vanno a scuola ma sanno moltissime cose. Credono in Dio, nella terra, nella reincarnazione. Tre fratelli ma non di sangue, ciascuno con un padre manchevole, inestricabilmente legati l'uno all'altro, carichi di bramosia per quello che non hanno mai avuto. A poco a poco, per Teresa, quell'angolo di campagna diventa l'unico posto al mondo. Il posto in cui c'è Bern. Il loro è un amore estivo, eppure totale. Il desiderio li guida e li stravolge, il corpo è il veicolo fragile e forte della loro violenta aspirazione al cielo. Perché Bern ha un'inquietudine che Teresa non conosce, un modo tutto suo di appropriarsi delle cose: deve inghiottirle intere. La campagna pugliese è il teatro di questa storia che attraversa vent'anni e quattro vite. I giorni passati insieme a coltivare quella terra rossa, curare gli ulivi, sgusciare montagne di mandorle, un anno dopo l'altro, fino a quando Teresa rimarrà la sola a farlo. Perché il giro delle stagioni è un potente ciclo esistenziale, e la masseria il centro esatto dell'universo.

RECENSIONE

Può darsi che quella sera si mescolasse già alla tristezza un sentimento diverso, una specie di affetto intenso. E fu proprio questo il guaio a ripensarci: per quanto riguardava Bern, non avrei mai imparato a tenere separati l'uno e l'altro.

La storia racconta di alcuni giovani ribelli. Al centro di tutto c’è Bern un ragazzo dalla personalità forte che è il motore dell’intera vicenda e anche delle vite degli altri.

L’intreccio è stato costruito molto bene: all’interno della vicenda ci si muove in diversi momenti temporali e frequente è l’utilizzo di flashback anche molto ampi. Il libro è scritto in maniera impeccabile e coinvolgente.

Il punto di vista predominante è sicuramente quello di Teresa, ma in una parte del romanzo ne viene inserito anche uno diverso, che permette di cogliere tutte le sfumature della vicenda in maniera più dettagliata.

Devo però dire che non ho apprezzato molto questo romanzo perchè nonostante ci siano diversi capitoli che catturano l'attenzione del lettore, penso che la narrazione sia lenta e inoltre devo ammettere che l’ho trovato un libro un po’ vuoto: alla fine ho avuto la sensazione che fosse scritto intorno al niente. La vicenda è tutta basata sul male di vivere che si porta dentro Bern e secondariamente anche il resto del gruppo. Nel libro si diceva che gli altri compaesani li vedevano come dei “disperati” o dei “delinquenti”. Sembrava quasi una critica al paese che non capiva questi giovani ribelli, ma io non  ho trovato nessun insegnamento o lato positivo in questo racconto. Viene solo evidenziato in maniera anche macabra la parte più marcia dell’umanità. Nonostante l’uomo abbia tanti lati negativi, su questo non si può discutere, sono anche convinta che ci sia sempre il retro della medaglia, che puntualmente Giordano non fa mai vedere, e quindi non posso dire che questa lettura mi sia piaciuta perché va completamente contro il mio modo di vedere le cose.


"Non era questa l'avventura che volevo, Teresa. L'avventura che volevo era con te."

Mi aspettavo che alla fine di tutto, ci fosse un perché, un filo conduttore, uno scopo, insomma qualsiasi cosa! Ma alla fine mi sono accorta che tutto il libro si basava sul niente, su tutta una serie di vicissitudini di persone che hanno deciso di vivere in un modo, ai miei occhi, barbaro e sregolato, privi di rispetto e di pietà.

Sullo sfondo della storia, c’è sempre una presenza piuttosto invasiva, pesante ed esagerata della religione. Bern sin da quando era piccolo ha vissuto con lo zio Cesare che, oltre ad avere un figlio, Nicola, ha preso con sè anche un altro ragazzo, Tommaso. I tre sono cresciuti come fratelli e a causa della stretta morsa religiosa in cui li ha costretti Cesare, i ragazzi sono diventati trasgressivi in cerca di eccessi e sopraffatti dal pensiero persistente del peccato.


[...] un nome che ritornava dopo anni, spuntato dalla terra come un'erbaccia capricciosa. Il nome, mi è stato chiaro d'un tratto, che racchiudeva il nodo inestricabile delle nostre esistenze.

L’unico fine che trovo in questo romanzo è il fatto che si volesse evidenziare come i fanatismi, religiosi e non, sono la peggio cosa che possano esistere, e come possano compromettere e segnare le vite delle persone. Devo però ammettere che questa è una mia interpretazione perché i confini di questa “morale” sono labili e alla fine non ho capito lo scopo ultimo di raccontare questa storia degradante e malinconica.

Questa come sempre è la mia opinione, se qualcuno di voi lo ha letto e ha trovato altre chiavi di letture me lo faccia sapere nei commenti!

Vi mando un bacione!
Alla prossima,

Marta




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